L’allenamento appare il più importante dei fattori nel provocare i cambiamenti morfologici cardiaci infatti gli atleti praticanti gli sport di endurance presentano un aumento sia dei volumi che della massa del cuore, mentre negli atleti praticanti gli sport di potenza si ha solo un’ipertrofia del miocardio. Anche la funzionalità cardiaca non è esente da modificazioni. Infatti, negli atleti, è caratteristica la bradicardia sinusale, spesso con aritmia sinusale; fino a 1/3 degli atleti possono essere portatori di un blocco atrio-ventricolare di primo grado e di frequente riscontro sono anche i battiti ectopici. È importante la conoscenza della costellazione di modificazioni cardiovascolari negli atleti al fine di evitare erronee diagnosi di cardiopatia.
In questi ultimi decenni la cultura sportiva ha subito notevoli cambiamenti.
Gli atleti agonisti con importanti ambizioni, infatti, seguono per la preparazione, rigorose schede d’allenamento che comprendono sedute giornaliere di più ore e che portano a vari adattamenti sia a carico dei muscoli scheletrici, sia a carico del sistema cardiovascolare: proprio i cambiamenti che avvengono su quest’ultimo sono conosciuti come “Cuore d’Atleta” (1).
Il lettore, deve però prestate attenzione perché, come su detto, questi adattamenti fisiologici sono propri di atleti di elevato livello agonistico e non di atleti di basso livello o dediti ad attività ludico-ricreativa, dove l’anatomia cardiovascolare non differisce molto dal soggetto sedentario (2).
CLASSIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ SPORTIVE IN BASE ALL’IMPEGNO CARDIOVASCOLARE
Gli esperti della Società Italiana di Cardiologia dello Sport (SICSport), della Federazione Medico-Sportiva Italiana e delle altre associazioni cardiologiche italiane (ANCE, ANMCO, SIC) nella realizzazione dei Protocolli COCIS hanno redatto una classificazione nella quale le attività sportive vengono distinte in cinque categorie:
A) Impegno “minimo – moderato” (frequenze cardiache sottomassimali e caduta delle resistenze periferiche), quali jogging, marcia, ciclismo in pianura, ecc., praticati a livello non agonistico.
B) Impegno di tipo “neurogeno” (aumento della frequenza cardiaca dovuto ad importante impatto emotivo), quali automobilismo, sport di tiro, ecc.
C) Impegno di “pressione” (frequenze cardiache moderatamente elevate e significativo aumento delle resistenze vascolari e della pressione arteriosa), quali sollevamento pesi, corsa di velocità, ecc.
D) Impegno “medio – elevato” (numerosi e rapidi incrementi della frequenza cardiaca e delle resistenze periferiche vascolari, in relazione a brusche interruzioni dell’attività muscolare alternate a fasi di intenso lavoro aerobico), quali calcio, pallacanestro, tennis, ecc.
E) Impegno “elevato” (frequenze cardiache e portate massimali necessarie a sostenere un lavoro intenso e protratto), quali maratona, canottaggio, ciclismo, ecc.
Questa classificazione costituisce per il medico un utile strumento operativo per valutare il grado e l’adeguatezza degli adattamenti cardiovascolari in un soggetto praticante una determinata attività sportiva e il rischio cardiovascolare emodinamico e/o aritmogeno reale o ipotetico (3).
ADATTAMENTI CARDIACI
Ecocardiogramma atleta canottaggio - Si ringrazia per il filmato il Dottor Fernando DI PAOLO, Istituto di Medicina e Scienza dello Sport del CONI
FUNZIONE SISTO-DIASTOLICA DEL VENTRICOLO SINISTRO
Una delle caratteristiche particolari del Cuore d’Atleta è che all’aumento della massa miocardica fa riscontro l’assoluta normalità degli indici funzionali.
La Funzione sistolica espressa mediante la frazione di eiezione ventricolare sinistra del “Cuore d’Atleta”, misurata ecocardiograficamente o con altre metodiche, risulta nella norma (F.E.% 60-65) (2) mentre la funzione diastolica è nettamente aumentata e migliorata negli atleti, tanto che il riempimento ventricolare appare già completo in protodiastole.
Il ventricolo nel “Cuore d’Atleta” esprime un elevato coefficiente di distensibilità nella fase protodiastolica in cui sembra completarsi quasi interamente il riempimento ventricolare stesso: non è raro che durante l’esercizio la velocità del flusso transmitralico superi quella transvalvolare aortica (9).
Tutti gli studi sulla funzione diastolica nel cuore fisiologicamente ipertrofico hanno dimostrato velocità massime d’incremento delle dimensioni del ventricolo sinistro e di assottigliamento parietale normali o superiori alla norma, con un ampio volume di riempimento ventricolare protodiastolico e, in condizioni di riposo, un contributo marginale della sistole atriale (rapporto E/A>2). Il miglioramento dei parametri di funzionalità diastolica si associano ad un aumento delle dimensioni e delle performance ventricolari.
Il rilasciamento isovolumetrico è prolungato nelle forme patologiche d’ipertrofia, mentre è sempre nell’ambito della normalità nell’ipertrofia fisiologica (4).
ATRIO SINISTRO
Anche l’atrio sinistro, che riceve il sangue ossigenato dai polmoni, non è esente da modificazioni morfologiche. Infatti negli atleti di fondo non è difficile evidenziare un ingrandimento superiore alla norma (valori medi ottenuti da autori diversi sono compresi tra 36 mm e 42 mm) (10).
CAVITÀ CARDIACHE DI DESTRA
Analogamente le camere cardiache di destra subiscono un aumento proporzionato del volume; molti studi dimostrano che negli atleti di endurance si verifica un aumento del volume di circa il 25% e della massa di circa il 37%, rispetto a soggetti sedentari (11). L’ecocardiografia standard ha evidenziato come anche il ventricolo destro partecipi al processo di ingrandimento del “Cuore d’Atleta”, con aumento delle dimensioni interne e dello spessore della parete libera. La complessità della struttura tridimensionale del ventricolo destro, associata alla sua caratteristica dinamica di contrazione non concentrica ma prevalentemente longitudinale, alla localizzazione retrosternale della camera cardiaca e alla cooperazione dinamica con il setto interventricolare, determina notevoli difficoltà nell’analisi della cinetica globale e segmentarla di tale ventricolo con l’ecocardiografia tradizionale.
La partecipazione delle sezioni destre del cuore è testimoniata anche dall’incremento consensuale nell’atleta di endurance del calibro della vena cava inferiore, con normale collassabilità inspiratoria, fenomeno strettamente correlato all’ingrandimento dei diametri cavitari del ventricolo di destra (4).
RIGURGITI VALVOLARI
La prevalenza di rigurgiti valvolari negli atleti è molto alta, infatti il 90% presenta un jet di rigurgito ad almeno una valvola e il 20% presenta un jet di rigurgito a tre valvole (12).
Questi rigurgiti valvolari “fisiologici” sono possibili in corrispondenza di tutte e quattro le valvole cardiache, ma con frequenza estremamente variabile e in assenza di alterazioni strutturali (2)
FIG. 5 – Immagine Ecocardiocolordoppler di Rigurgito Mitralico di grado insignificante (rigurgito fisiologico)
Questo fenomeno sembra legato all’aumento del tempo di allenamento e associato al fisiologico ingrandimento delle camere cardiache e generalmente non ha alcun significato emodinamico (13, 14, 15).
Raramente un ecocardiografista esperto non è in grado di effettuare una diagnosi differenziale tra un rigurgito valvolare fisiologico e patologico.
Nei rigurgiti “fisiologici”:
– è assente qualsiasi alterazione strutturale valvolare,
– non si osservano fenomeni di turbolenza ed “aliasing” al Doppler,
– l’area di rigurgito è limitata alla zona mediana immediatamente sottovalvolare, con rilievo del segnale Doppler fino e non oltre a 1-2 cm da essa (2, 16).
INFLUENZA DEI FATTORI COSTITUZIONALI NEL RIMODELLAMENTO CARDIACO
Le dimensioni cardiache sono il risultato non solo dell’influenza dello sport praticato ma anche delle caratteristiche costituzionali dell’atleta e del grado di risposta cardiaca all’allenamento.
È noto da tempo che le dimensioni cardiache sono in relazione con le dimensioni corporee in tutti i mammiferi. Nell’uomo esistono i nomogrammi che permettono di predire le dimensioni cardiache in base al rapporto tra peso corporeo, superficie corporea, statura ed età (6).
L’età rappresenta un altro fattore determinante le dimensioni cardiache, è comune osservare come il passaggio dall’adolescenza all’età adulta si accompagna ad un aumento progressivo delle dimensioni cardiache (in particolare dello spessore delle pareti ventricolari). Ciò sembra legato ad un aumento delle dimensioni corporee ed al progressivo incremento dei carichi di lavoro negli allenamenti effettuati dagli atleti (17).
Anche il sesso ha influenza sull’adattamento morfologico cardiaco.
Le atlete, quando paragonate ai maschi della stessa età e praticanti le stesse discipline sportive, presentano dimensioni minori sia della cavità (circa – 10%) che dello spessore delle pareti ventricolari (circa – 20%). Queste differenze sono legate ad una serie di fattori, tra cui i principali sono la taglia corporea (e la percentuale di massa magra) mediamente più piccola nelle donne, l’aumento più modesto della portata cardiaca e della pressione arteriosa sistolica durante lo sforzo e, non ultimo, il più basso livello di ormoni androgeni naturali (18,19). Le differenze nella morfologia cardiaca tra atleti ed atlete hanno notevole importanza clinica: infatti gli uomini possono sviluppare una ipertrofia delle pareti ventricolari sino a 15 o 16 mm, mentre al contrario le donne raramente superano gli 11 mm. Pertanto, il problema della diagnosi differenziale tra “Cuore d’Atleta” e cardiomiopatia ipertrofica non si pone usualmente nelle atlete (7).
Recentemente è stato suggerito che un ruolo importante nel rimodellamento cardiaco possa spettare anche ai fattori genetici (20, 21).
Sebbene tale ipotesi sia assai attraente, al momento esiste una conferma solo per quanto riguarda l’enzima ACE (che controlla il livello della pressione arteriosa e può presentarsi nelle isoforme D/D, I/I e I/D) ed altri enzimi del sistema renina-angiotensina-aldosterone. È stato dimostrato che i soggetti che hanno il pattern ACE di tipo D/D e I/D , all’esercizio fisico, rispondono con un aumento della massa ventricolare sinistra significativamente maggiore (rispettivamente 42 g e 38 g) in confronto a quelli con pattern I/I (2 g) (22).
ADATTAMENTI PERIFERICI
È logico che anche il sistema circolatorio, costituito da vasi arteriosi e venosi, debba adattarsi a questa nuova realtà. In altri termini la circolazione deve essere potenziata al fine di consentire lo scorrimento di flussi sanguigni così elevati senza “rallentamenti”.
A seguito dell’allenamento di resistenza, si ha un aumento delle arterie coronarie che nutrono il cuore. Il cuore dell’atleta, aumentando il suo volume e la massa muscolare, ha bisogno di un maggior rifornimento di sangue e di una maggiore quantità di ossigeno (23).
L’aumento del calibro delle coronarie costituisce un altro degli elementi che differenziano l’ipertrofia fisiologica del cuore da quella patologica legata alle malattie cardiache congenite o acquisite. Negli atleti c’è la possibilità di visualizzare i tratti iniziali dell’arteria coronaria di destra e sinistra e di misurarne il calibro, in modo non invasivo mediante l’ecocardiografia, e in alcuni casi anche di evidenziarne la biforcazione in discendente anteriore e circonflessa. Tale fenomeno nell’atleta è dovuto all’aumento del calibro stesso delle coronarie, proporzionale all’aumento della massa miocardica, e al prolungamento della diastole dovuto alla bradicardia (4).
I vasi arteriosi e venosi di medio e grosso calibro aumentano le loro dimensioni (“vasi d’atleta”): questo fenomeno è particolarmente evidente nella vena cava inferiore, il vaso che riporta al cuore il sangue proveniente dai muscoli degli arti inferiori, utilizzati molto nei vari sport.
A carico della microcircolazione, gli adattamenti più importanti riguardano naturalmente i muscoli (particolarmente i muscoli più allenati).
I capillari, attraverso i quali avvengono gli scambi tra sangue e muscolo, sono distribuiti in maggior misura attorno alle fibre muscolari rosse, lente, a metabolismo aerobico (fibre ossidative), che hanno bisogno di una maggiore quantità di ossigeno (23).
Nell’atleta di resistenza, con l’allenamento si realizza un aumento in assoluto del numero di capillari e del rapporto capillari/fibre muscolari.
Tale fenomeno è conosciuto con il nome di “capillarizzazione” e grazie ad esso, le cellule muscolari vengono a trovarsi nelle migliori condizioni per sfruttare a pieno le aumentate disponibilità di ossigeno e substrati energetici. L’aumento della superficie capillare e della capacità di vasodilatazione delle arteriole muscolari, fa sì che i muscoli riescano ad accogliere quantità di sangue veramente notevoli senza che aumenti la pressione (24).
TRAINING E DETRAINING
In numerosi studi, la valutazione ecocardiografica dell’ipertrofia ventricolare sinistra ha dimostrato che, sia nel corso del periodo di allenamento (training), che dopo la sua interruzione (detraining), possono verificarsi modificazioni molto rapide delle dimensioni e dell’ipertrofia del ventricolo sinistro.
In tempi relativamente brevi, sia i fondisti (osservati per 7 settimane), che i nuotatori (osservati per 10 settimane), hanno presentato rapide modificazioni sia delle dimensioni che dell’ipertrofia ventricolare, con aumenti delle dimensioni cavitarie sinistre sino a 15 mm al termine dello studio.
Durante la fase di detraining, sia i nuotatori che i fondisti hanno evidenziato un progressivo ridimensionamento delle dimensioni telediastoliche delle cavità cardiache sinistre.
Non è ancora accertato se le più evidenti modificazioni osservate negli atleti di resistenza regrediscano rapidamente, ma è possibile che, dopo un lungo periodo di adattamento, tali modificazioni regrediscano molto più lentamente (25).
Tuttavia in studi recenti si è evidenziato che il rimodellamento cardiaco in seguito a decondizionamento è più evidente negli atleti che praticano attività sportiva da meno anni rispetto agli atleti che praticano attività sportiva da più anni, infatti in questi persistono una sostanziale dilatazione ed ispessimento delle pareti delle camere anche dopo il periodo di detraining (26).
Articolo a cura del Dott. Luigi Ferritto (Dipartimento di Medicina Generale, Clinica “Athena” Villa dei Pini – Piedimonte Matese (CE)) e del Dott. Sergio Lupo (Istituto di Medicina e Scienza dello Sport – CONI – Roma).