Tutte le principali organizzazioni nazionali ed internazionali raccomandano l’uso del biofeedback come primo passo terapeutico, dal momento che può già di per se avere ottimo successo e di contro non presentare gli effetti collaterali della terapia farmacologica.
Malgrado ciò tale metodica è sicuramente sottoutilizzata, poiché richiede un lavoro sicuramente più impegnativo, sia organizzativo che di manodopera.
Sarebbe allora più giusto e utile poter riconoscere, con esami strumentali, quali pazienti affette da urge incontinence si gioverebbero del trattamento di biofeedback.
Questo studio, che ha coinvolto 649 donne affette da urge incontinence ha portato a delle chiare conclusioni.
Si è evidenziato come l’incontinenza da vescica iperattiva di grado severo sia poco rispondente al biofeedback. Un riduzione della iperattività ha permesso però di ottenere ottimi risultati anche con tale metodica in vesciche neurologiche iperattive che avrebbero dovuto altrimenti subire trattamenti farmacologici molto più aggressivi.